Lo dice la Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 5 dicembre 2017 – 24 settembre 2018, n. 22434 chiamata a pronunciarsi sul contrasto negli orientamenti della giurisprudenza di legittimità circa la natura giuridica del diritto alla pensione di reversibilità e l’interpretazione della norma (art. 9, comma 3, della legge n. 898/1970) che pone come presupposto per il diritto alla pensione di reversibilità la titolarità dell’assegno di divorzio, affermando il principio di diritto per cui ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ai sensi dell’art. 9 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, nel testo modificato dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987 n. 74, la titolarità dell’assegno, di cui all’articolo 5 della stessa legge 1 dicembre 1970 n. 898, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile, al momento della morte dell’ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un’unica soluzione.